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Sunday, October 05, 2008

Una ricetta dalla mia infanzia

The article I'm going to post will be write in Italian, I'm partecipating in this competition.


Intanto grazie a Sigrid per questo concorso, ma non solo per il concorso in se, rendo grazie per aver riportato, attraverso la ricetta che sto per darvi, così vivo il ricordo di una persona che ho molto amato, che è stata il perno della mia famiglia durante gli anni della mia infanzia: Mia nonna.

Ci sono odori e sapori che non sento da 20 e più anni, questo perchè quando il tuo nucleo familiare, composto da madre, padre e 2 figlie piccole deve raggiungere l'altro estremo della penisola per lavoro, per forza di cose gli usi e i costumi, gli ingredienti e i sapori cambiano.

Da Messina a Trieste ho perso per strada un sacco di cose e tradizioni della mia casa natale che rimangono in un cassetto della mia memoria, ed è bello ogni tanto riscoprire dentro di se il nome di un ingrediente di cui non ricordavo più l'esistenza, l'odore particolare della terra sulla "minestra" portata dal campo dal nonno, del cesto di fichi d'india ancora caldi di sole, del canneto in terrazza con i pomodori, tagliati per lungo e messi a seccare, e verso fine estate a raccogliere cestini di more con mani piccoline insieme alla nonna, energica ed instancabile donna, per poi farne la granita nell'ora della siesta, quando tutti ma proprio tutti, nella casona, dormivano e noi tre, mia nonna mia cugina ed io restavamo a confabulare ed a preparare questo elisir per quando uno ad uno sarebbero riscesi al piano di sotto nella grande cucina che allora ospitava 20 persone tra zii e cugini venuti solo per le vacanze e stanziali... io allora facevo ancora parte della famiglia stanziale, ho vissuto con mia nonna per un bel po' di tempo prima di trasferirmi con i miei a Trieste, e c'è una ricetta che mi è rimasta nel cuore, perchè delineava l'inizio dell'autunno, acceso il braciere per riscaldare i muri dai primi freddi umidi, quando la maggior parte degli ospiti lasciava la casa, che andava così svuotandosi dalle urla e dal vocio estivo di 10 nipoti di ogni età, si andava ridelineando il trascorrere lento ed armonioso di una famiglia unita; come dicevo il calore che ho vissuto in quella casa, e soprattutto nella grande cucina di mia nonna, dove parlavamo fitto fitto per ore, mentre la osservavo a spignattare, è riassunto in questo piatto, semplicissimo, ma pieno di vero calore:

Pasta con fave e piselli.

Mia nonna la faceva così.

Verso mezzoggiorno meno un quarto, in una "pignata" larga e non troppo alta, metteva una cipolla di bell'aspetto tagliata grossolanamente, con un bel filo d'olio (proveniente del frantoio che stava nella piazzetta sopra casa nostra), una punta di pepe e un pizzico di sale, a fuoco bello vivo soffriggeva fino a far prendere colore circa mezzo chilo (?) di fave fresche e piselli verdissimi (che avevo contribuito a togliere dal baccello la mattina stessa) ed immancabile il ciuffo di finocchietto selvatico dei nostri campi.
Quando il tutto prendeva colore copriva con acqua, aggiustava di sale ed abbassava la fiamma del gas, coperchio e cuoceva fino ad addensare.

A mezzoggiorno e mezzo, aggiungeva acqua e portava il tutto a bollore, buttava circa 300gr. di pasta tipo Mafalda spezzettata ed a cottura ultimata spuntava mio nonno, con il suo ciuffo scapigliato color grigio fumo, ci si metteva a tavola e sul piatto fumante si aggiungeva ancora un filo d'olio a crudo.

(Mio nonno era un grande, marittimo in pensione, stava comunque fuori casa tutta la mattina e parte del pomeriggio, vuoi nei campi o a far qualche lavoretto di tubatura o elettrico per un compaesano, non si vedeva in giro fino all'ora del pranzo, anche se non era sempre alla stessa ora, non si saprà mai come e perchè, arrivava puntualissimo nel momento della scodellatura).

La cucina si riempiva del profumo delle fave e del finocchietto selvatico, e l'armonia di quella famiglia scaldava proprio come quel piatto di pasta.

Negli anni ho perso purtroppo entrambi i miei nonni, non torno in Sicilia da circa 10 anni e non ho più assaporato i piatti con il finocchietto selvatico insieme a tantissime altre cose... da 2 anni mio papà ha affittato un orto qui a Trieste e si sta divertendo a coltivare verdure, frutta e legumi... Giusto quest'anno ha raccolto i baccelli di fave che ha piantato, domani andrò a casa dei miei a chiedere un sacchetto di fave, so che quest'estate le ha sgusciate e congelate... domani voglio ricreare a casa mia, nella fredda e frenetica Trieste, almeno un po' di quel calore e profumo di sole, terra e veracità che ho vissuto nella mia infanzia.

2 comments:

borsedigaya said...

Che bel post, sembra di poter chiudere gli occhi e sentire i profumi. Grazie, mi è piaciuto davvero leggerlo
Gaya

Giusy Jdeebella said...

:-* grazie tesorino!